In azienda i discorsi più concreti si fanno (molte volte) durante le pause, alla macchinetta del caffè. Si parla di lavoro, di marketing, di occasioni e di business senza formalità, come in questa rubrica. Grazie a due marketing manager. Un circolo Virtuoso Iniziano ad essere parecchi gli anni da cui se ne parla. Segnale […]
In azienda i discorsi più concreti si fanno (molte volte) durante le pause, alla macchinetta del caffè. Si parla di lavoro, di marketing, di occasioni e di business senza formalità, come in questa rubrica. Grazie a due marketing manager.
Un circolo Virtuoso
Iniziano ad essere parecchi gli anni da cui se ne parla. Segnale evidente che
il tempo passa, ahimè, in fretta. Quando qualche anno fa abbiamo iniziato
ad affrontare l’argomento dei fondi marketing con i partner, lo sguardo che
veniva rivolto a noi channel marketing trasmetteva un misto di irritazione
(per i mancati rebate utili a rimpinguare i sempre più risicati margini) e di
curiosità (verso questi nuovi discorsi di co-marketing e lead generation).
Per i partner era un argomento ancora mai trattato ed era bello poter
fare cultura ed insegnare qualcosa di nuovo, anche se è stato
decisamente faticoso dare il via a questo nuovo capitolo di canale,
ancora complesso da interpretare. Poi gli imprenditori hanno
progressivamente compreso il valore reale della costruzione di un
piano di business in grado di rinforzare le revenue e trovare nuove
opportunità, anche – e soprattutto – grazie all’affiancamento di un
piano di attività marketing consistenti e continuative. E così il nuovo
capitolo si è aperto e i partner hanno iniziato a lavorare con i vendor
per sviluppare azioni di co-marketing sempre più capillari, disegnate
sul modello di business di ciascuna realtà imprenditoriale. E,
gradualmente, si sono concentrati a dare risultati sempre più
misurabili e controllabili. Ricordiamoci che i fondi vengono
maturati in base alle revenue oppure messi a disposizione per
intraprendere azioni mirate su alcune specifiche iniziative. Un
utilizzo intelligente di queste risorse diventa così un volano di
crescita del business e, contemporaneamente, dei fondi stessi.
Ma cosa intendiamo per utilizzo intelligente? In realtà, davvero
tante cose: formazione (per rafforzare le competenze sales e
presales, acquisire certificazioni e specializzazioni o testare
soluzioni presso i briefing center), comunicazione (con pagine
pubblicitarie, articoli e storie di successo), azioni di lead
generation (eventi, seminari, fiere, iniziative online,
newsletter, telemarketing, video… e molto altro), eventi di
relazione e fidelizzazione, produzione di materiale
marketing (brochure, whitepaper, gadget, poster…)
e piani di incentivazione alle forze commerciali.
Insomma, tutto ciò che consente al partner di
differenziarsi dalla propria competition e incrementare
il valore percepito dal mercato.
Quali ingredienti, quindi? Attenzione al mercato,
creatività e continuità.
Il cane e la coda
I fondi di co-marketing, di cui si parla tanto ma che in realtà pochi conoscono
bene, sono davvero uno strumento strategico. Normalmente ponderati su un
valore compreso tra il 2% e il 5% del fatturato dell’anno precedente, sono
stanziati dal vendor a sostegno delle attività di marketing, quindi di sviluppo e
di vendita. Qualche volta questo principio viene applicato usando delle “non
logiche” che riducono i contributi pensando che il distributore diventi più
performante. È il cane che si morde la coda: meno fondi, meno sviluppo.
Chiunque conosce perfettamente il principio che regolamenta gli
investimenti in marketing e comunicazione: creare un circolo virtuoso che
permette di aumentare la diffusione delle merci e la loro penetrazione, il
fatturato e quindi i margini di profitto. È un po’ come dire che se il cane
di cui sopra smettesse di mordersi la coda, questa potrebbe crescere
forte e robusta! Siamo passati dagli anni Novanta – in cui il grande
capitale a disposizione ha portato a fare investimenti, impulsivi e a
volte con obiettivi irraggiungibili – ai primi anni Duemila, in cui il
principio del contenimento dei costi ci ha obbligato a ridurre
drasticamente le attività di marketing. Tale austerità ha costretto a
ottimizzare prima e a tagliare poi attività vitali e a concentrarsi
troppo sull’analisi del ritorno sull’investimento: il Roi tanto amato
dagli analisti! Oggi siamo in una fase cruciale: se è vero che la
maggior parte dei fondi sono gestiti a livello Emea, è anche vero
che l’Italia ha forti differenziazioni interne. Credo che i vendor
dovrebbero cercare di avere una visione più “glocal”: pensare
globalmente e agire localmente consentirebbe attività di
marketing “su misura” di avere maggior successo. Di fatto i
fondi di co-marketing dovrebbero essere calcolati tenendo
conto di molti fattori, come la storicità dell’azienda, i suoi
volumi, la sua età… È ovvio che in fase di startup è necessario
aumentare l’investimento iniziale in termini di energie e
persone dedicate allo sviluppo del brand. Purtroppo non c’è
una “formula magica” da attuare: il segreto è allenare lo
spirito di osservazione, diventare sensibili alle esigenze reali
del mercato e imparare a superare il punto di vista
personale.Un percorso non facile ma possibile.
La realtà è piena di informazioni su come indirizzare gli
investimenti: è l’end user a indicare la strada da
percorrere, ma la necessità è anche quella di
sperimentare senza avere paura di osare.
Un tizio un giorno ha detto: «La difficoltà non sta nel
credere alle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie».
Quel tizio aveva ragione.