Perché non esiste un Internet of Things senza Internet of People

Non esiste un Internet of Things senza Internet of People: la vulnerabilità degli oggetti connessi e il ruolo delle persone in fatto di cyber security

Non esiste un Internet of Things senza un Internet of People. Dovremmo parlare di IoP e non solo IoT

*di Emanuela Zaccone

Quando parliamo di Internet of Things – Internet delle cose – ci stiamo in realtà riferendo ad una gamma piuttosto ampia di possibili applicazioni che spazia da ambiti di business fino ad arrivare alla nostra esperienza quotidiana anche in casa.
Ma uno dei temi che sembra emergere con maggiore frequenza, trasversale a tutti gli ambiti di applicazione dell’Internet of Things è legato alla potenziale carenza di sicurezza degli oggetti connessi. Secondo molti – e non a torto, come insegnano le modalità di diffusione di numerosi malware negli ultimi anni che sfruttano gli oggetti connessi come botnet – la principale preoccupazione (e in molti casi un deterrente per l’adozione) legata all’Internet of Things è relativa alla sua vulnerabilità.

Persone e sicurezza, un test

La verità è che il primo dispositivo di sicurezza sono gli utenti stessi. In effetti ancora prima di arrivare a capire quali oggetti siano sicuri e quali meno, ci siamo mai chiesti quanto effettivamente teniamo alla nostra sicurezza online, cosa di noi facciamo conoscere agli altri, quanta possibilità c’è che applicando semplicemente strategie e tattiche di ingegneria sociale sia possibile trovare informazioni che ci riguardano?
Facciamo un test.
Prima domanda: qual è stata l’ultima volta che avete cambiato la password del social network che utilizzate più spesso, ad esempio Facebook?
Seconda domanda: usate una password diversa per ogni servizio? Quanto complessa è?
Terzo: quanto rivelate di voi online, ad esempio condividendo location geografiche, posizioni, informazioni come periodi di assenza da casa per vacanze e simili?
Quarto: quanto è difficile indovinare la password del vostro Wi-Fi, soprattutto di quello di casa?
Quinto: quante volte vi connettete con Wi-Fi che non sono i vostri (ad esempio da luoghi pubblici come bar o altri locali)?
Infine, a proposito di protezione, quanto spesso fate la revisione delle applicazioni che hanno accesso ai vostri dati attraverso i social network (si tratti di tutti quei casi in cui ad esempio usate Twitter o Facebook per registrarvi a un sito o servizio)?
Adottare una cultura corretta della sicurezza e della tutela dei propri dati è il primo passo per cominciare a proteggersi.
Ed anche per comprendere che quello della sicurezza è solo in parte un problema.

L’Internet delle Persone, Internet of People IoP

Immaginiamo dunque che siate già particolarmente attenti alla vostra sicurezza online e vogliate acquistare una serie di oggetti connessi per migliorare la vostra esperienza quotidiana.

Basti pensare ad esempio a casi come comandare le luci della vostra casa o regolare il termostato. Ne avete davvero bisogno? Cambierebbe in maniera significativa, migliorandola, la vostra vita? Molto probabilmente sì.
In effetti sono notevoli gli esempi di impatto positivo dell’adozione di oggetti simili: si va da una migliore regolazione della temperatura di casa con conseguente risparmio e riduzione dell’impatto sull’ambiente fino a processi di acquisto semplificati (pensiamo all’Amazon Dash Button).
Il vero tema dietro l’Internet of Things non è allora neanche quello delle sicurezza quanto piuttosto quello dell’Internet delle persone o Internet of People: come connettere in modo intelligente gli oggetti che ci circondano migliora ogni nostra esperienza, anche inconsapevolmente (ad esempio ottimizzando i processi produttivi o il trasporto)? Soprattutto cosa insegnano i nostri dati?

E sì, perché il tema dell’uso dei dati – altro grande leit-motiv che emerge ormai con crescente costanza quando si parla di esperienze connesse – non è soltanto di natura economica (“oh sì che lo è” – diranno gli apocalittici – “ci domineranno tutti usando i nostri dati”) ma anche di design.

Come posso migliorare la valutazione dell’utente, come posso creare addirittura nuove esperienze, senza esplorare i casi d’uso di chi ha già adottato certe tecnologie? E cosa so di queste persone? Cosa mi insegnano le loro caratteristiche?
Così mentre pensiamo ai “pericoli” degli oggetti connessi e alla loro potenziale “minaccia”, ragioniamo anche sul nostro potere e il valore nel generare e migliorare le potenzialità di tutti questi oggetti nel business, nel quotidiano ma anche in tutte le loro applicazioni in ambito medico, nei trasporti, per l’agricoltura e per il miglioramento degli spazi pubblici.

zac Internet of People

** Emanuela Zaccone: Digital Entrepreneur, co-founder e Marketing & Product Manager di TOK.tv. Ha oltre 10 anni di esperienza come consulente e docente in ambito social media analysis e strategy per grandi aziende, startup e università. È autrice di “Digital Entrepreneur: principi, pratiche e competenze per la propria startup” (Franco Angeli, 2016) e di “Social Media Monitoring: dalle conversazioni alla strategia” (Flaccovio, 2015).


Perché non esiste un Internet of Things senza Internet of People - Ultima modifica: 2017-12-25T08:08:59+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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