Tasse, la battaglia tra Apple e l’UE continua. Cupertino rilancia

Apple rilancia la sfida legale all’UE, che aveva chiesto 13 miliardi di euro di tasse arretrate: le autorità avrebbero ignorato gli esperti fiscali


Apple rilancerà la sfida legale questa settimana, a seguito della richiesta record da 13 miliardi di euro di tasse arretrate da parte dell’UE, sostenendo che le autorità di regolamentazione europee abbiano ignorato gli esperti fiscali e di diritto societario volutamente, promuovendo invece una procedura che portasse alla massimizzazione della pena.

La presa di posizione di Apple e la volontà di dare battaglia ai legislatori UE, mette in evidenza la rabbia nei confronti della Commissione Europea, la quale – il 30 agosto scorso – aveva stabilito che l’accordo fiscale tra l’Irlanda e la società americana fosse illegale, imponendo un rimborso pari a 13 miliardi di euro da versare nelle casse dell’erario irlandese, stato in cui Apple ha la sua sede europea.
Il commissario della Commissione Europea per la competitività – Margarethe Vestager, ex-ministro dell’economia danese, ha dichiarato che ad Apple sia stata applicata un tassazione dello 0.005% nel 2014, in cambio di accordi con il governo Irlandese.
Apple intende presentare ricorso contro la decisione della Commissione alla corte d’Europa nel corso di questa settimana e a farlo sapere sono stati Bruce Sewell e Luca Maestri attraverso delle dichiarazioni in un’intervista alla Reuters.
Secondo Sewell: “Apple è stata scelta sulla base dei nostri successi. Apple non è un’eccezione in nessun senso in termini di legge. Apple è un bersaglio conveniente perché genera un sacco di titoli. E un tale riscontro consentirà al Commissario Vestager di diventare il “Danese dell’anno” per il 2016. E la fonte di questo riconoscimento è un quotidiano danese, non siamo noi”.
Apple accuserà davanti ai giudici la Commissione per non essere stata diligente nel corso delle indagini e per il fatto di aver ignorato i materiali forniti da esperti finanziari incaricati dalle autorità irlandesi.
E Sewell continua: “Gli irlandesi hanno presentato una perizia realizzata da un rispettabilissimo avvocato fiscale, ma la Commissione non solo non l’ha discussa, ma – probabilmente – non l’ha nemmeno letta. Poiché non vi è alcun riferimento di sorta nella decisione UE”.

Un lungo tira e molla sulla tasse Apple in Irlanda

La Commissione Europea ha accusato l’Irlanda nel 2014 di aver volutamente aggirato alcune norme fiscali internazionali, consentendo ad Apple di risparmiare decine di miliardi di dollari di profitto dalle esazioni fiscali, in cambio del mantenimento dei posti di lavoro dei dipendenti irlandesi. Ma sia Apple che l’Irlanda hanno negato queste accuse.
L’avviso di accertamento della Commissione ha scontentato significativamente il governo degli Stati Uniti, il quale ha accusato l’Unione Europea di volersi accaparrare entrate destinate alle casse americane.

Apple intende sfidare l’UE per il suo caso, sostenendo che la “l’idea di non residenza” sia stata un pretesto per punire simbolicamente un colosso non europeo. L’UE avrebbe potuto basare le proprie accuse su altre argomentazioni come il principio di “condizioni di mercato”, i prezzi e le strategie di prezzo o la vendita e l’acquisto da affiliati come se si fosse trattato di aziende indipendenti. E – sempre secondo Sewer – delle accuse sulla base di queste argomentazioni avrebbero però generato sanzioni decisamente più basse.
Per Apple non era possibile rispettare la decisione dell’UE perché avrebbe significato una violazione da parte dell’Irlanda delle proprie leggi fiscali pregresse, impostando regole discriminatorie tra i residenti e le società non residenti. Lo stesso governo irlandese sta facendo appello alla Commissione Europea per la richiesta dei presunti arretrati non versati. L’Irlanda punta a proteggere un regime esattoriale che ha attratto molte multinazionali all’interno dei propri confini.

Apple ha in programma di dimostrare alla corte che la Commissione sia stata in torto quando ha stabilito che la Apple Sales International (ASI) e Apple Operations Europe esistessero solo sulla carta, quando invece sono regolarmente registrate nei registri irlandesi. Se tale contestazione venisse avvalorata, i miliardi richiesti per i profitti non tassati sarebbero privi di fondamento.
Sewell mette in evidenza il fatto che una holding senza dipendenti a libro paga possa esistere ed essere comunque attiva, e che possa essere gestita da dipendenti di una parent company. E prosegue: “Così, quando Tim Cook, che è il CEO della nostra azienda, prende decisioni che hanno un impatto ASI, la Commissione dice che non le interessa, perché non si tratta di un dipendente ASI, ma bensì di un dipendente di Apple Inc. Ma dire che – in qualche modo – Tim Cook non possa prendere decisioni per ASI è una profonda inesattezza in termini di diritto societario, è un equivoco su come le aziende possano operare. La Vestager mette in discussione la base sulla quale avremmo dovuto corrispondere una determinata tassazione in territorio irlandese su tutti i profitti che generiamo al di fuori degli Stati Uniti, ma si tratta di un luogo nel quale non si fa ingegneria, in un luogo che non genera alcuna proprietà intellettuale per noi. Noi ribadiamo che si tratta di una teoria assurda”.
La compagnia si augura che il neo-presidente Trump avvii riforme che riescano ad arginare il fenomeno dell’evasione fiscale, paga che ha portato le società statunitensi a portare migliaia di miliardi di dollari di profitti all’estero. Gli europei, secondo Sewell, operano nell’ambito di un sistema fiscale localizzato, mentre gli Stati Uniti avevano un sistema differito globale: “La differenza tra i due sta nel fatto che si viene a creare una scappatoia che la Commissione ha saputo sfruttare al meglio”.
La vittoria alla Casa Bianca di Trump fa auspicare ad Apple e ad altre grandi società statunitensi di ottenere una riduzione fiscale ingente sui $ 2.6 trilioni di dollari su profitti stranieri, secondo gli esperti.
Attualmente, una legge consente alle aziende statunitensi in possesso di utili esteri all’estero si non pagare l’imposta sulle società degli Stati Uniti, a meno che tali profitti vengono portati negli Stati Uniti.
Le società americane hanno 2.6 trilioni di fondi nascosti all’estero ai sensi della presente legge. Apple è in cima alla lista con $ 200miliardi di utili detenuti all’estero, in base alle stime di marzo eseguite da Citizens for Tax Justice (cittadini per la giustizia fiscale), un gruppo di controllo sul reddito delle società con sede a Washington.


Tasse, la battaglia tra Apple e l’UE continua. Cupertino rilancia - Ultima modifica: 2016-12-19T15:47:56+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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