“Dimmi di no”: cosa possiamo imparare dagli Amish sulla tecnologia

Cosa possiamo imparare dall’approccio alla tecnologia degli Amish? Il presupposto è quello di non volere o di non avere bisogno della tecnologia

Gli Amish sono tradizionalmente considerati nemici della modernità. Sembrerebbe invece che non siano a-tecnologici e di sicuro non per partito preso.

*di Antonella Tagliabue

Alzi la mano chi è in grado di immaginare come vivremo tra 30 anni. Probabilmente la nostra vita sarà caratterizzata dall’accesso – alle informazioni, ai prodotti e servizi, alle relazioni. Forse non possiederemo un’automobile ma potremo utilizzarne una tutte le volte che vogliamo. Magari vivremo una vita sempre tracciabile e il nostro lavoro potrebbe essere qualcosa che adesso non riusciamo nemmeno a immaginare.

Kevin Kelly e l’approccio Amish alla tecnologia

Kevin Kelly, mitico fondatore di Wired, guru per tutti gli appassionati di tecnologia, fotografo, scrittore e ambientalista, nel suo “L’inevitabile” ci parla di un futuro in cui saremo immersi in un mondo di conoscenza, in cui tutto sarà fluido, accessibile e condivisibile. Kelly è ottimista e le forze inarrestabili che stanno già cambiando la nostra società ci devono predisporre ad accogliere la convergenza tra uomo e macchina. Il libro racconta dei dodici imperativi tecnologici che danno forma al futuro ed è una lettura consigliabile perché l’autore sa di cosa parla.
I prossimi cambiamenti all’interno della nostra vita, dalla realtà virtuale all’intelligenza artificiale, possono essere visti come risultato di una trasformazione di più lungo periodo che può essere indirizzata positivamente.

Occorre comprendere quanto sta accadendo e come la tecnologia può offrirci grandi benefici. Un libro dunque proiettato in avanti che segue la pubblicazione di “Quello che vuole la tecnologia” in cui Kelly provava ad analizzare l’approccio alla tecnologia degli Amish, tradizionalmente considerati nemici della modernità.
Sembrerebbe invece che non siano a-tecnologici e di sicuro non per partito preso.
Nelle comunità ci sono le radio a batteria, le fresatrici azionate da pc, i pannelli solari e le colture geneticamente modificate.

L’idea Amish, sì alla tecnologia se rispetta le idee della comunità

Recentemente il New York Times ha raccontato di come gli smartphone stiano diventando parte della vita quotidiana delle comunità e di come alcune panetterie Amish accettino addirittura la carta di credito.
A essere diverso è il punto di partenza: il presupposto è quello di non volere o di non avere bisogno della tecnologia; ma se questa è in linea con i valori della comunità può essere adottata.
“La loro tendenza è quella di dire di no…. mentre noi tendiamo a dire di sì a qualsiasi novità” sostiene Kelly.
Lo smartphone va bene per il lavoro, perché i vantaggi superano gli svantaggi. Ma a casa no.
La scelta è fatta in base ai valori.
Non è in questa rubrica che si danno giudizi su valori e stili di vita. Ma possiamo domandarci se e cosa possiamo imparare.

Fuggire dalla tecnologia

Fuggire o prendersi una pausa da un mondo iperconnesso sembra molto difficile.
Possiamo però iniziare a farci delle domande. A quanti social siete iscritti e quali usate veramente? Quante app vi sono realmente utili e quante ne avete sullo smarthphone?
Secondo gli Amish le novità vanno adottate dopo averne valutato l’utilità e non solo e semplicemente perché esistono. E comunque c’è differenza tra il possedere una cosa e usarla. In una logica che oggi apparirebbe molto innovativa, anche gli Amish che non comprerebbero mai un fuoristrada o un veicolo a motore non avrebbero problemi ad accettare un passaggio.

Kelly racconta che nelle comunità gli è stato detto che avendo un telefono si hanno “messaggi, più che conversazioni” e che la decisione di non comprare una tv è motivata dal fatto che “altrimenti la guarderei”.
Gli Amish allora possono farci riflettere sul valore di fare delle scelte. Su quanto sia importante essere selettivi, in modo consapevole, responsabile e protagonista. Ci potrebbero insegnare con il loro esempio a valutare le novità in base al loro utilizzo. L’innovazione può essere fine a sé stessa o può migliorare la nostra vita e quella del pianeta?

Scegliere la tecnologia, non farsi scegliere

Un tratto distintivo di questa grande capacità di scegliere cosa adottare e cosa no è legato al fatto che la tecnologia deve rendere più forte la comunità. Le scelte non sono individuali, ma è la comunità a stabilire cosa va bene per tutti. Il benessere del gruppo diventa la direttrice strategica della tecnologia che può essere adottata.
Forse l’esempio degli Amish è affascinante perché si tratta di piccole comunità che salvaguardano il proprio isolamento. Ma questa forma di rinuncia molto social e condivisa acquisisce caratteristiche estremamente moderne.
Secondo Forbes uno dei trend del 2018 sarà un ritorno alle interazioni umane.
Chissà, potremmo anche tornare a girare in calesse, perché nel prossimo futuro anche gli stereotipi non saranno più quelli di una volta.

Amish l'approccio alla tecnologia

 Antonella Tagliabue: Amministratore delegato della società di consulenza strategica di Un-Guru, esperta di sviluppo sostenibile. Laureata in Scienze Politiche, con specializzazione in Storia e Istituzioni dell’America Latina. Si è occupata di comunicazione e marketing per multinazionali e gruppi italiani.  Da anni si occupa di Green Economy e di responsabilità sociale e ambientale d’impresa, insegna in corsi e master. “Penso che la sostenibilità debba essere una scelta, prima che un dovere, ma che debba essere strategica e, quindi, responsabile. Quando parlo del Pianeta lo faccio con la P maiuscola e credo che il rispetto per la vita in senso biologico debba essere un istinto”. Leggo, viaggio e scrivo per passione. Camus diceva:  “Sono contro tutti coloro che credono di avere assolutamente ragione. Per questo pratico il dubbio, coltivo i miei difetti, cerco di sbagliare sulla base di ragionevoli certezze e mantengo un ottimismo ostinato”.


“Dimmi di no”: cosa possiamo imparare dagli Amish sulla tecnologia - Ultima modifica: 2018-01-18T09:58:21+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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