Barbara Caputo: l’italiana che insegna ai robot ad imparare da soli

Barbara Caputo è fisico e Professore associato al dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale Antonio Ruberti dell’Università “La Sapienza” di Roma. Attualmente è ricercatrice all’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia.

Barbara Caputo ha insegnato ai robot ad apprendere da soli, da Internet. Questo progetto (RobotExNovo) le è valso anche il prestigioso riconoscimento Starting Grant dal valore di 1,5 milioni di euro conferito dall’European Council (Erc). Scopo dello studio è quello di sviluppare gli algoritmi per far imparare i robot da Internet ed essere così in grado di compiere azioni e di maneggiare anche oggetti “sconosciuti”.

Barbara Caputo IIT

Barbara Caputo è fisico e Professore associato al dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale Antonio Ruberti dell’Università “La Sapienza” di Roma. Attualmente è ricercatrice all’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia. È stata nominata da Digitalic tra le DigiWomen2017, 15 donne più influenti nel mondo della tecnologia e del digitale. In questa intervista esclusiva racconta della sua carriera, delle sue ricerche e del futuro dei robot.

Di Ilaria Galateria

La carriera di Barbara Caputo è dedicata alla ricerca e alla robotica. Ha pubblicato oltre cento lavori in riviste e conferenze internazionali. È stata coordinatore o “principal investigator” in più di dieci progetti nazionali e internazionali.

Nel 2014 si è aggiudicata il prestigioso “Starting Grant dell’European Research Council (Erc)”, riconoscimento riservato a giovani talenti della ricerca che si impegnano a lavorare in Europa.

Il progetto premiato ha l’obiettivo di sviluppare la teoria e gli algoritmi necessari ai robot per apprendere direttamente le informazioni da Internet ed essere così in grado di compiere le azioni necessarie. Una laurea in fisica e un’attenzione particolare, negli ultimi anni, alla fisica teorica.

“Una carriera nata quasi per caso – afferma la Professoressa – dopo la laurea ho avuto un contratto al Cnr per un progetto di elaborazione di immagini nell’ambito dei beni culturali e seguendo quel filone ho fatto il dottorato in Germania e poi a Stoccolma, al Royal Institute of Technology KTH, in uno dei centri più importanti a livello mondiale per il computer imaging, la visione artificiale e la robotica. A Stoccolma l’ambiente era interdisciplinare e mi ha permesso sia di perfezionarmi in campo informatico, sia di incontrare colleghi che lavoravano su altri temi e con cui era possibile scambiare esperienze e pensare a studi comuni. Così è nato il mio progetto di sviluppo di algoritmi per la visione dei robot. Quando ottenemmo i primi risultati tangibili, fu una forte emozione. Da allora non ho più cambiato”.

Barbara Caputo curriculum

Ha trascorso molti anni fuori dall’Italia. Per quanto riguarda il mondo della ricerca, secondo lei, come è posizionato il nostro Paese rispetto al resto dell’Europa?

Barbara Caputo: Ho trascorso molti anni viaggiando tra Germania, Usa, Svezia e, infine, in Svizzera dove ho lavorato sette anni all’Idiap Research Institute.

In questi luoghi ho apprezzato la possibilità di potere programmare le mie attività di ricerca a lungo termine, sapendo quando potevo assumere nuove persone nel mio staff, o quando potevo presentare progetti a bandi di finanziamento.

Purtroppo in Italia la situazione non è la stessa. Credo che, oltre a esserci molta burocrazia, manchi una continuità, anche legislativa, su come dovrebbe funzionare il mondo della ricerca. Dal punto di vista della formazione dei giovani, il nostro paese è certamente uno dei migliori a offrire una didattica universitaria di alto livello. Il problema viene dopo, quando su queste persone bisogna investire. È come se mancasse la consapevolezza che un alto livello culturale della popolazione lavorativa ha un impatto notevole sul Pil. L’intelligenza artificiale è un campo nuovo nel mio settore, in cui poter puntare. Abbiamo buoni cervelli nel nostro paese a cui l’Italia dovrebbe tenere ed essere ambiziosa.

Barbara Caputo, il riconoscimento  internazionale

Ha vinto l’importante riconoscimento “Starting Grant dell’European Research Council”.Da dove nasce l’intuizione del suo progetto?

Barbara Caputo: Da un periodo molto particolare della mia carriera, in cui coltivavo una doppia anima. Da una parte le ricerche in visione computerizzata per estrarre le informazioni da un’immagine, dall’altra la robotica, dove le informazioni visive servivano a fare qualcosa. Un giorno, sotto la doccia, mi sono chiesta: ma come fa un robot a conoscere un oggetto visto per la prima volta?

Fino ad allora le possibilità per risolvere il problema potevano essere solo due, ed entrambe poco vincenti. La prima consisteva nell’avere un aiuto esterno, un uomo, che insegnava al robot a riconoscere l’oggetto.

La seconda, lasciare al robot la possibilità di esplorare gli oggetti presenti in un ambiente per creare categorie. Dunque pensai a una nuova possibilità, ovvero a creare una “base di conoscenza simbolica” per il robot usando il web. Sul web le immagini sono accompagnate da testi che le descrivono. Se vogliamo acquistare delle tazze in vendita online, infatti, possiamo sapere il colore, la forma e le dimensioni senza averle toccate.

Il robot può usare quelle informazioni per costruirsi la propria ontologia di oggetti in modo molto veloce.

Il progetto sarà di aiuto per l’assistenza ad anziani, disabili e non solo…

Barbara Caputo: Il mio obiettivo è quello di arrivare ad avere una home robotics, ovvero robot che sono super specializzati degli ambienti domestici, in particolare di una casa per volta, così da potere compiere azioni specifiche in quell’ambiente.

Alcune di queste azioni possono essere di aiuto per assistere gli anziani che necessitano di un supporto fisico, i bambini per evitare incidenti o per aiutarli nei compiti e in generale tutte quelle persone che non vogliono o non possono stare sole.

Barbara Caputo, il futuro dei robot

Crede che i robot potranno mai sostituirsi all’uomo?

Barbara Caputo: No, assolutamente. Da addetta ai lavori ho la percezione dello stato dell’arte della ricerca in robotica e in AI e non temo quelle previsioni distopiche che spesso si sentono o leggono sui giornali. Sono dibattiti che non mi appassionano.

È vero che negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi grazie ai metodi del deep-learning e ora siamo in grado di gestire milioni di dati in poco tempo, cosa che solo cinque anni fa non era possibile. Ma è anche vero che stiamo ancora capendo come fare funzionare davvero questo metodo. Ed è quello che mi appassiona di più, capire cosa ancora non funziona e come risolverlo.

Pregi e difetti: qual è, a suo avviso, il limite più grande dei robot?

Barbara Caputo: I robot sono delle macchine e come tali hanno il difetto di non funzionare e il pregio di funzionare. Dipende da noi, che le progettiamo. Le macchine a guida autonoma possono sembrare straordinarie, capaci di alleggerire la fatica degli auto-trasportatori. Credo che sia importante investire nel loro sviluppo. Quando, però, si usano all’interno di un ambiente molto trafficato e pieno di imprevisti non funzionano perché ancora non si è capito come programmarle.

È giusto affermare che i robot diverranno “assistenti umani”?

Barbara Caputo: Lo sono già. Un robot è qualsiasi agente che filtra le informazioni che riceve e le usa per decidere e compiere un’azione.

Un esempio sono i call center computerizzati o i bot che diffondono le notizie sui social network o gli algoritmi nelle assicurazioni che decidono il livello di rischio di una persona o società.

E qui si apre una parentesi molto delicata e importante riguardo il rapporto tra noi e questi assistenti robotici, cioè la possibilità di sapere che in un determinato momento ci stiamo confrontando con un robot e non con una persona. In alcune situazioni, come i social network, questa distinzione è labile, eppure fa molta differenza.

Se un robot è progettato male o in modo pregiudiziale, si pensi a situazioni di discriminazioni di genere o di razzismo, potrebbe prendere decisioni sbagliate per noi, senza la possibilità di difenderci.

Il futuro di Barbara Caputo

Quali sono i progetti futuri ai quali sta lavorando?

Barbara Caputo: Nell’ambito del mio progetto Erc, RoboExNovo, sto lavorando a rendere i robot “specializzati” in diversi ambienti, domestici o uffici, attingendo le informazioni dal web. All’IIT- Istituto Italiano di Tecnologia stiamo ulteriormente sviluppando gli algoritmi che permettono la creazione della “base di conoscenza simbolica” per gli umanoidi iCub e R1. Sono robot che vorremmo vedere entrare nelle nostre case in tempi brevi. Un altro importante progetto su cui sto lavorando riguarda la cybersecurity nel mondo dei robot.

In futuro, infatti, un umanoide potrebbe essere hackerato, così come oggi accade con i siti web, le email e i social network, determinando scenari critici legati alla nostra privacy e sicurezza. Un robot domestico, per esempio, potrebbe essere usato per sottrarci informazioni personali e private e metterle in rete, oppure per compiere gesti minacciosi in casa.

Questo vuole dire che i nostri robot dovranno essere costruiti in modo più sicuro, con protocolli anti hacker. È un tema che mi appassiona e su cui, però, c’è ancora molto da fare.

Barbara Caputo

Barbara Caputo è fisico e Professore associato al dipartimento di Ingegneria Informatica dell’Università “La Sapienza”. Attualmente è ricercatrice all’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia.


Barbara Caputo: l’italiana che insegna ai robot ad imparare da soli - Ultima modifica: 2018-04-09T07:22:35+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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