Apollo 11: la tecnologia che ci portò sulla Luna 50 anni fa

Computer di bordo da record, mainframe enormi, quantità di memoria oggi insignificanti e tanti calcoli: così l’Apollo 11 raggiunse la Luna nel 1969.

50 anni fa l’uomo metteva per la prima volta piede sulla Luna: la strumentazione che ha realizzato uno dei più grandi sogni dell’umanità, quello di solcare il suolo del satellite terrestre.

 

“The Eagle has landed”
20 Luglio 1969, ore 20:17:40

Un piccolo passo per un uomo, un grande salto per l’umanità.

Con queste parole il comandante della missione Apollo 11, Neil Armstrong, entrò nella storia, in qualità di primo uomo a camminare sulla superficie lunare.

Ricorre oggi il 50esimo anniversario, da quel momento così emozionante e vissuto col fiato in sospeso da milioni di persone, che dalla Terra seguirono l’evento in TV e alla radio, per tutti gli otto giorni in cui la navicella della NASA restò al di fuori dell’orbita terrestre.

Apollo 11 tecnologia sulla Luna

Apollo 11: Missione Luna

Armstrong Collins Aldrin

I primi uomini sulla Luna: Armstrong, Collins e Aldrin

L’Apollo 11 fu soltanto la prima delle 6 missioni che hanno portato l’uomo sulla Luna, dal 1969 al 1972, e fu il risultato di diversi anni di preparativi, ricerche, e addestramenti allo scopo.
L’impresa lunare fu annunciata durante un congresso nel 1961 dall’allora Presidente degli Stati Uniti d’America John F. Kennedy, come emblema della superiorità degli USA nei confronti dell’URSS, che era già riuscita più volte a mandare i suoi astronauti nello spazio.

In un braccio di ferro che li vedeva protagonisti insieme alla potenza russa durante la guerra fredda, gli americani decisero di spingersi oltre: l’obiettivo era di raggiungere per la prima volta nella storia dell’umanità il satellite lunare.

Con una spedizione iniziata dal lancio del 16 luglio 1969 alle ore 13:32 da Capo Kennedy, in Florida, si diede inizio alla più grande avventura spaziale: 3 giorni e 384.400 chilometri dopo, i due astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin si preparavano alla discesa della sonda preparata per l’allunaggio.

La navicella spaziale Apollo

Il veicolo di partenza che portò sulla Luna Armstrong, Aldrin e il pilota Michael Collins, era il celeberrimo razzo Apollo Saturn V.

Ad un’altitudine di 68 km dalla superficie terrestre, il primo stadio a sganciarsi dal razzo fu la base con i propulsori principali, la S-IC, seguita dal sistema di fuga di emergenza e dall’S-II.

Dopo aver compiuto un’intera orbita della Terra, del razzo partito dalla Florida restò soltanto la sonda che raggiunse il nostro satellite, costituita da tre parti:

  1. Il comparto che proteggeva il Modulo Lunare;
  2. Il Modulo di Servizio;
  3. Il Modulo di Comando.

Con questa conformazione, Armstrong, Aldrin e Collins si avviarono verso l’orbita lunare, che riuscirono ad intercettare dopo giorni di viaggio: era il 20 luglio.

Dopo due orbite intorno alla Luna, Armstrong e Aldrin si prepararono a separarsi da Collins, che rimase a orbitare intorno al satellite in attesa di riportare i colleghi a casa.

Alle ore 20:17, Armstrong riuscì a portare la navicella Apollo sul suolo lunare, grazie ad un difficoltoso atterraggio semi-automatico, che consentì finalmente ai due astronauti di ispezionare il nostro satellite, nel corso di una passeggiata di 2 ore e 15 minuti.

Video NASA inedito: cosa ha visto Armstrong prima dell’allunaggio

 

I computer dell’Apollo 11

 

Manovre di assoluta precisione, controllo della navicella, monitoraggio dei consumi e di tutta la strumentazione di bordo: era il 1969, e i tre storici eroi riuscirono in una vera e propria impresa, considerando la disponibilità tecnologica dell’epoca.

Come ci riuscirono?

Grazie all’abilità di tecnici, esperti e programmatori che sfruttavano ogni minima capacità degli elaboratori allora a disposizione.

A bordo della navicella che portò i primi uomini sulla Luna, vi erano due macchine identiche, chiamate Apollo Guidance Computer, ma il merito del successo dell’allunaggio non fu soltanto della dotazione NASA: un altro gigante coordinava le operazioni dalla Terra, con cervelloni giganti che eseguivano complessi calcoli e li rimandavano agli astronauti in volo.

Erano i mainframe di IBM, ovvero i potentissimi computer di Houston e di altre diciassette stazioni che dalla Terra monitoravano l’andamento della missione.

Si trattava dei famosi IBM System 360/Model 75: con una frequenza di clock massima di 5.1 MHz, potevano contare su una memoria di 256 KB di RAM, ed 1MB di memoria ROM.
Un’enormità a quei tempi.

Ibm System 360

Ibm System 360

Invece, a bordo dell’Apollo 11, vi erano in totale 4 macchine:

  • Il Saturn Launch Vehicle Digital Computer di IBM, che ha portato il razzo dalla postazione di lancio fino all’orbita terrestre;
  • Due unità di Apollo Guidance Computer della NASA, sistemati uno nel Modulo di Comando e l’altro nel Modulo Lunare;
  • Un Apollo Abort Guidance System, da usare in caso di emergenza, nella sfortunata evenienza in cui gli altri computer fallissero il compito durante l’atterraggio sulla Luna.

L’Apollo Guidance Computer

Apollo Guidance Computer e DSKY

L’Apollo Guidance Computer e la sua tastiera DSKY

Il computer che portò il primo uomo sulla Luna fu dunque l’Apollo Guidance Computer, anche conosciuto come AGC: sebbene con molti limiti tecnologici, in riferimento agli sviluppi e ai progressi che conosciamo noi oggi, l’AGC resta la macchina più sofisticata di sempre.

Fu una vera e propria rivoluzione: in un momento storico in cui i computer, nella maggior parte dei casi, occupavano intere stanze, una valigetta dalle dimensioni di 32 x 61 x 17 centimetri ed un peso di soli 32 Kg, rappresentava un risultato davvero incredibile. Le sue dimensioni così contenute furono possibili grazie all’impiego di circuiti integrati: l’AGC fu il primo ad esserne dotato, per un totale di 2800 circuiti, che permettevano di ridurre l’ingombro e di migliorare le prestazioni di calcolo.

Il computer a bordo della navicella Apollo 11 era dotato di una singolare interfaccia: dal momento che gli astronauti non erano tecnici informatici, avevano bisogno di un’interfaccia semplificata per impartire i comandi necessari alle macchine.

Ciò fu possibile grazie alla presenza di una tastiera chiamata DSKY, ovvero una tastiera numerica dotata di display essenziale, che permetteva l’inserimento dei comandi grazie all’immissione dei relativi codici numerici associati.

Apollo DSKY Interface

Apollo 11 Guidance Computer a bordo

Apollo 11 Guidance Computer a bordo

La memoria del computer di bordo

L’AGC aveva il compito di guidare la navicella in tutte le sue manovre con precisione estrema, e lo fece contando su una memoria di 2K word di RAM (riscrivibile) e 36K word di memoria permanente, con una velocità di clock di 0.043 MHz.

Per avere un termine di paragone con la tecnologia attuale, un iPhone XS di oggi presenta 1 milione di volte più memoria RAM dell’AGC, e 7 milioni di volte più memoria ROM del computer dell’Apollo 11.

Ciò nonostante, nella memoria fissa venivano memorizzati anche i dati e i programmi necessari alla missione, ed è stato stimato che l’AGC era in grado di eseguire fino a 8 programmi contemporaneamente, e ricevere fino a 50 istruzioni allo stesso tempo.

Il software dell’AGC

Circuiti integrati AGC

I circuiti integrati dell’AGC

A differenza del multitasking ai quali siamo oggi abituati, l’Apollo Guidance Computer sfruttava un multitasking di tipo “non preventivo”: ciò vuol dire che, oltre ad essere in grado di stabilire una priorità per eseguire prima i programmi più importanti per l’andamento della missione, i software dovevano “cedere periodicamente il controllo al sistema operativo”.

Inoltre, il software dell’AGC era programmato per non crashare mai: nessun errore o allarme avrebbe dovuto impedire al computer di continuare ad elaborare le operazioni fondamentali per consentire l’allunaggio in totale sicurezza.

Proprio per questo motivo, la prima missione sulla Luna si concluse brillantemente: pochi minuti prima di atterrare, la centrale di Houston ricevette una richiesta di aiuto da parte di Armstrong, il quale si accorse di una spia di allarme che segnalava qualche anomalia.

Il terribile errore 1202 rischiava di mandare a monte l’atterraggio sul suolo lunare, ma grazie alla progettazione del software dell’AGC, le operazioni si conclusero nel migliore dei modi.

La donna che ha salvato la missione Apollo 11

Margaret Hamilton

Margaret Hamilton accanto al codice sorgente dell’Apollo Guidance Computer

In quei momenti di tensione e panico, nonostante Armstrong continuasse a chiedere informazioni a proposito dell’errore per capire se la missione poteva proseguire, nessuno riuscì a capire cosa fosse andato storto.

Solo in seguito il Director of Software Engineering Division del MIT Instrumentation Laboratory, Margaret Hamilton, spiegò che il computer riscontrava un errore nel momento in cui venne sovraccaricato di richieste. Il sovraccarico, specificò la Hamilton, fu dovuto a un’errata attivazione di un interruttore che, durante l’elaborazione per la discesa sulla Luna, continuava a eseguire operazioni non necessarie, saturando le risorse del sistema.

Fortunatamente, la struttura del software prevedeva che, nonostante problematiche riscontrate ed eventuali riavvii della strumentazione, tutto doveva continuare come programmato.

Ingegnere di eccezionale talento, Hamilton fu a capo della programmazione e dello sviluppo di tutti i software che furono impiegati nelle missioni lunari, collaborando con la NASA dal 1969 al 1972, e seguendo le missioni dall’Apollo 11 all’Apollo 17. Sebbene spesso dimenticata, o messa in secondo piano da un’ingiusta memoria storica, nel 2016 ricevette dal Presidente Obama la più alta onorificenza americana, ovvero la Medaglia presidenziale della libertà – la stessa ricevuta dai tre astronauti al loro ritorno sulla Terra.

Il codice sorgente dell’Apollo Guidance Computer

Oggi il codice sorgente dell’AGC è di pubblico dominio, ed è scaricabile da GitHub grazie alla scansione dei cartacei originali, conservati al Massachusetts Institute of Technology.
Dal peso di poco più di 1MB, l’archivio zippato contiene le righe di programmazione relative sia al Modulo di Comando che al Modulo Lunare, individuabili sotto la voce Comanche e Luminary 1A: in una manciata di megabyte sono oggi racchiuse tutte le istruzioni che, 50 anni fa, resero possibile lo sbarco sulla Luna.


Apollo 11: la tecnologia che ci portò sulla Luna 50 anni fa - Ultima modifica: 2019-07-19T17:42:26+00:00 da Maria Grazia Tecchia

Giornalista, blogger e content editor. Ha realizzato il sogno di coniugare le sue due più grandi passioni: la scrittura e la tecnologia. Esperta di comunicazione online, da anni realizza articoli per il web occupandosi della tecnologia a più livelli.

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