Motori connessi: dagli anni Sessanta il Giappone è uno dei tre più grandi produttori di automobili al mondo e oggi fervono le sperimentazioni tecnologiche
Motori connessi: dagli anni Sessanta il Giappone è uno dei tre più grandi paesi produttori di automobili al mondo e oggi fervono le sperimentazioni tecnologiche
*Di Manuel Maiorelli
Mentre l’economia giapponese procede a singhiozzo – momenti positivi come quello attuale si alternano a lunghi periodi di stallo – l’industria dell’auto nipponica è invece una costante positiva, in continua evoluzione e pilastro fondamentale per lo sviluppo del paese nel suo complesso (più di 5 milioni e mezzo di giapponesi lavorano nel settore automobilistico).
Un attento giro d’ispezione al quarantacinquesimo Motor Show di Tokyo (27 ottobre – 5 novembre 2017) ha confermato – se mai vi fossero ancora dei dubbi – che lo sviluppo tecnologico nel Sol levante riparte ancora una volta dall’auto e dagli ecosistemi a essa collegati.
Gli investimenti annui in ricerca e sviluppo per le aziende giapponesi nel settore automobilistico ammontano a oltre 2 trilioni di Yen (circa 18 miliardi di dollari), costituendo circa il 21% della spesa R&D in tutto il manifatturiero.
Veicoli autonomi, 100% ecologici a zero emissioni, dotati di intelligenza artificiale, riconoscimenti vocali e visivi, dai design futuristici e con assistenti virtuali a bordo che si prendono cura dell’esperienza del consumatore: è guardando i prototipi del futuro che si capisce meglio in che direzione si muove il mercato delle industrie automobilistiche giapponesi. L’auto è sempre più considerata come un oggetto, che se vuole mantenere il suo valore nella società attuale deve diventare connesso.
Un nuovo concetto di mobilità in Giappone
Con l’evoluzione del concetto di mobilità cambierà anche quello dell’automobile e il consumatore d’auto del futuro non sarà più quello di prima. L’idea del guidatore amante del cambio manuale, eccitato nel sentire il rombo del motore e incantato dal profumo di benzina, lascerà il posto a un consumatore più sobrio, meno interessato alla guida quanto più invece all’enorme catalogo di servizi digitali che la nuova automobile renderà disponibili. Infatti, se fino a questo momento i profitti nel mercato dell’auto sono stati dettati dal numero di vetture annue vendute, le proiezioni del futuro vedono la vendita in un lento ma inesorabile declino soprattutto per il mercato europeo, giapponese e americano, a eccezione di quello cinese. Infatti, secondo un sondaggio di Kpmg Consulting entro il 2025 il 50% dei giovani consumatori non sarà più interessato ad acquistare un’automobile. Servizi come quelli di car sharing o robotaxi, per esempio, diventeranno un fattore chiave nelle smart city e soluzioni IoT saranno la spina dorsale dell’auto connessa.
Secondo una ricerca Gartner ci saranno già 250 milioni di veicoli connessi sulle strade nel 2020 e per quanto riguarda il Giappone questi arriveranno negli autosaloni in vista delle Olimpiadi, che si terranno tra poco più di due anni nella capitale nipponica.
Giappone: Cambia il rapporto tra veicolo e passeggero
Auto connesse e soluzioni IoT offrono numerose opportunità per i consumatori così come per le industrie automobilistiche. Per i primi, significano intrattenimento, infotainment, informazioni relative alla navigazione e al traffico, meccanismi di assistenza in casi di emergenza e manutenzione remota dell’auto, per citarne alcuni. Per le aziende produttrici, invece, IoT e telematica generano un incredibile numero di dati utili per migliorare le prestazioni dei veicoli, diagnostica da remoto, servizi di sicurezza e un diretto servizio clienti. Il valore dell’auto, più che nelle attrezzature di equipaggiamento, sarà soprattutto legato ai software di programmazione integrati nel veicolo stesso. Le possibilità di connessioni e interazioni con oggetti dentro e fuori dalle automobili saranno infiniti e i business ad essi correlati ancora tutti da esplorare: V2I (vehicle-to-Infrastructure), V2V
(vehicle-to-vehicle), V2P (vehicle-to-pedestrian), V2D (vehicle-to-device) and V2G (vehicle-to-grid).
Interessante sarà vedere come cambierà il rapporto tra veicolo e passeggero. In mostra al Motor Show di Tokyo, le dimostrazioni di Mitsubishi nel campo assistenza AI hanno mostrato l’integrazione di Google Home e Amazon Echo con il network dell’automobile. Il passeggero potrà utilizzare comandi vocali per gestire i brani musicali e le playlist, accedere al calendario per controllare gli appuntamenti, acquistare direttamente online e controllare i dispositivi elettronici di casa da dentro l’abitacolo e viceversa. Per esempio, non è raro uscire di casa, entrare in auto e ricordare di non avere spento le luci della camera da letto. Basterà un semplice comando vocale per spegnere tutto a distanza; oppure, si potrà accendere la macchina e iniziare il riscaldamento del motore prima di scendere le scale, così da evitare i primi cinque minuti di freddo infernale nei mesi invernali.
La disruption del business model
L’evoluzione dell’automobile sta avendo implicazioni anche nel modo in cui le grandi aziende gestiscono partnership e alleanze. Case produttrici e fornitori non sono più gli unici a dividersi lo stage, semplicemente perché non sono più in grado di rimanere aggiornati sugli avanzamenti tecnologici, che nella maggior parte dei casi provengono da startup, giganti tech e laboratori universitari, che sono infatti l’elemento aggiunto nel processo di produzione delle nuove auto. Mentre vi sono startup e giganti del tech che da anni sviluppano veicoli autonomi (come per esempio Uber o Google), non vi sono case produttrici di auto forti nei sistemi e software di programmazione. La fusione è quindi necessaria. Per questa ragione il numero di joint venture, partnership e investimenti in aziende tech da parte delle case automobilistiche è aumentato vertiginosamente. Praticamente tutti i grandi brand giapponesi (Toyota, Nissan, Honda, Mitsubishi, Subaru, Mazda, Suzuki) in un modo o nell’altro si guardano intorno in cerca di nuovi alleati. Il Giappone non dispone di aziende come Google, Apple, Amazon oppure startup come Uber – in fase di acquisizione da parte della giapponese Softbank – e Lyft. La ricerca di partner strategici coinvolgerà anche e soprattutto aziende estere.
Il che metterà in discussione la tradizionale integrazione verticale che interessa la supply chain di molti costruttori giapponesi. Nissan, seconda azienda automobilistica giapponese dopo Toyota (che è la più grande al mondo), è già un passo avanti rispetto gli altri, da quando ha stretto l’alleanza con la francese Renault e iniziato il suo processo di trasformazione.
*Nato in un piccolo paese dell’Emilia scopre l’Oriente attraverso la lettura dei grandi viaggiatori del passato. Cercando di seguirne i passi si laurea in Lingue e Culture dell’Asia. Dopo tante avventure nel continente asiatico e attirato dall’intreccio armonioso tra tecnologia, modernità e tradizione si ferma nella punta più estrema d’Oriente: il Giappone.