Facebook aumenta l’impegno contro il revenge porn

Facebook aumenta l’impegno contro il revenge porn e lo fa in modo molto particolare: permettendo agli utenti di caricare delle proprie foto nudi in modo da verificare se qualcun altro le pubblica, impedendone la pubblicazione in anticipo. Ecco cosa fare se si pensa di essere vittima del revenge porn su Facebook.

Facebook aumenta l’impegno contro il revenge porn e lo fa in modo molto particolare: permettendo agli utenti di caricare delle proprio foto nudi in modo da verificare se qualcun altro le pubblica, impedendone la pubblicazione in anticipo.

Solo pochi mesi dopo essere stato scosso da un enorme scandalo per la privacy, Facebook sta offrendo alle persone la possibilità di caricare le proprie immagini di nudo che verranno trattate da “rappresentanti appositamente formati” nel tentativo di prevenire e combattere le vendette pornografiche , le cosiddette Revenge Porn, uno dei problemi che rientra nei casi di cyber bullismo e coinvolge adolescenti e non solo.

Facebook aumenta l’impegno contro il revenge porn

Facebook ha annunciato che sta espandendo i suoi sforzi contro il revenge porn, le vendette pornografiche,  in Australia, Canada, Regno Unito e Stati Uniti e poi a seguire negli altri paesi. Per fare ciò, la società permetterà “alla vittima” di caricare foto di nudo o comunque intime. Sono proprio coloro che temono che le loro foto possano essere condivise senza il consenso a Facebook, Instagram o Facebook Messenger a passare le immagini . Quindi, in sostanza, il social realizzerà delle “impronte digitali fotografiche” in modo che, se le stesse foto venissero caricare da altri, riesca a riconoscerle e impedire che vengano condivise online.

Come Facebook combatte il revenge porn

In un post di Facebook Safety, il Capo della Sicurezza Globale, Antigone Davis, ha spiegato come il programma, inizialmente lanciato in Australia lo scorso novembre, dovrebbe funzionare.

Come fare se si pensa di essere vittima di Revenge Porn

– Chiunque tema che una sua immagine intima possa essere condivisa pubblicamente, può contattare uno dei nostri partner per inviare un modulo.
– Dopo aver inviato il modulo, la vittima riceve un’e-mail contenente un collegamento di upload sicuro una tantum.
La vittima può utilizzare il link per caricare le immagini che teme potrebbero essere condivise.
– Uno dei pochi membri appositamente addestrati del nostro Community Safety Team esaminerà il rapporto e creerà un’impronta digitale, o hash, che ci consentirà di identificare futuri caricamenti delle immagini senza conservarne copia sui nostri server.
– Una volta creati questi hash, invieremo una comunicazione alla vittima via e-mail e cancelleremo le immagini dai nostri server, entro e non oltre sette giorni.
– Archivieremo gli hash così che ogni volta che qualcuno cercherà di caricare un’immagine con la stessa impronta digitale, potremo impedire che l’immagine appaia su Facebook, Instagram o Messenger.

Caricare foto di nudo per proteggersi dal Revenge Porn è sicuro?

Quando il programma pilota è stato annunciato in Australia, è nata la preoccupazione che i “rappresentanti appositamente formati” potessero vedere i nudi caricati. Al momento, Facebook ha spiegato che il “rappresentante appositamente formato” del team di Community Operations del social network dovrebbe effettivamente vedere l’immagine prima di realizzare il cosiddetto “hash”.

Ma una volta memorizzato l’hash, Facebook “crea un’impronta numerica illeggibile da un umano”, non salvando la foto effettiva.

Il post suggerisce che il programma pilota è solo l’inizio di una serie più ampia di sforzi per combattere il revenge porn, vendette pornografiche, e che l’azienda, a tal fine, sta collaborando con varie organizzazioni di sicurezza.

 

 

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Facebook aumenta l’impegno contro il revenge porn - Ultima modifica: 2018-05-23T12:30:49+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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