Microsoft licenzia chi denuncia Azure a Gaza. Poi ammette: “Avevano ragione”

La storia di dipendenti puniti per aver protestato contro la sorveglianza di massa. Poche settimane dopo, l’azienda conferma: violati i termini di servizio


Ad aprile 2025, due ingegneri software di Microsoft vengono licenziate dopo aver protestato contro l’uso della piattaforma cloud Azure da parte dell’esercito israeliano.
Le dipendenti accusano l’azienda di fornire tecnologie di intelligenza artificiale impiegate per la sorveglianza di massa dei palestinesi e per individuare bersagli militari nella Striscia di Gaza.
Microsoft giustifica i licenziamenti parlando di “gravi violazioni delle politiche aziendali”.
Poche settimane dopo, un’inchiesta giornalistica internazionale e una successiva revisione interna confermano ciò che le due ingegnere avevano denunciato: le infrastrutture Azure erano state effettivamente utilizzate per operazioni militari in violazione dei termini di servizio.
È l’inizio di uno dei casi più controversi nella storia recente della tecnologia: la guerra nel cloud.

Microsoft licenzia chi denuncia Azure a Gaza Poi ammette Avevano ragione

I fatti: cosa è successo davvero

Ad aprile 2025, durante la celebrazione del 50° anniversario di Microsoft, due dipendenti hanno interrotto l’evento protestando contro l’uso della piattaforma Azure da parte dell’esercito israeliano. Ibtihal Aboussad ha urlato verso Mustafa Suleyman, CEO di Microsoft AI: “Come osate celebrare quando Microsoft sta uccidendo bambini?”. Vaniya Agrawal ha poi gridato verso Bill Gates, Steve Ballmer e Satya Nadella: “50.000 palestinesi a Gaza sono stati uccisi con tecnologia Microsoft. Come osate?”.

Entrambe sono state licenziate immediatamente. Il loro gruppo, “No Azure for Apartheid”, denunciava l’utilizzo della piattaforma cloud Azure da parte dell’esercito israeliano per condurre sorveglianza di massa sui palestinesi a Gaza e in Cisgiordania.

La posizione ufficiale dell’azienda? In una nota pubblica di maggio 2025, Microsoft dichiarò: “Sulla base di audit interni ed esterni condotti fino ad oggi, non ci sono prove che Azure o le tecnologie di intelligenza artificiale di Microsoft siano state utilizzate per sorvegliare o prendere di mira civili nel conflitto di Gaza.”

L’inchiesta che ha cambiato tutto

Il 7 agosto 2025, un’inchiesta congiunta del Guardian, +972 Magazine e Local Call ha rivelato dettagli basandosi su documenti interni di Microsoft trapelati e interviste con 11 fonti tra dipendenti Microsoft ed ex membri dell’intelligence israeliana.

I dati emersi sono diversi:

  • L’Unità 8200 dell’esercito israeliano (equivalente funzionale della NSA americana) utilizzava Azure per archiviare registrazioni di milioni di telefonate intercettate di palestinesi
  • Nei data center Microsoft in Olanda erano conservati circa 11.500 terabyte di dati militari israeliani – equivalenti a circa 200 milioni di ore di audio
  • Il sistema era operativo dal 2022, dopo un incontro del 2021 tra l’allora comandante dell’Unità 8200, Yossi Sariel, e il CEO di Microsoft Satya Nadella nella sede di Seattle
  • L’obiettivo dichiarato internamente era ambizioso: processare “un milione di chiamate all’ora”
  • Tre fonti dell’Unità 8200 hanno confermato che i dati archiviati su Azure “hanno facilitato la preparazione di attacchi aerei mortali” e “hanno plasmato le operazioni militari a Gaza e in Cisgiordania”

Prima della partnership con Microsoft, l’Unità 8200 poteva conservare sui propri server interni solo le telefonate di decine di migliaia di palestinesi definiti “sospetti”. La capacità di storage pressoché illimitata di Azure ha permesso di espandere la sorveglianza a scala di massa indiscriminata.

Altri quattro licenziamenti

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, il 29 agosto 2025 Microsoft ha licenziato altri quattro dipendenti che avevano partecipato a proteste pacifiche nella sede di Redmond, Washington.

Anna Hattle e Riki Fameli sono state tra le prime a ricevere messaggi vocali con la comunicazione del licenziamento immediato. Successivamente sono stati allontanati anche Nisreen Jaradat e Julius Shan. Due di loro avevano partecipato a un sit-in nell’ufficio del presidente Brad Smith, insieme ad altri sette colleghi che sono stati arrestati.

Microsoft ha giustificato i provvedimenti come conseguenza di “gravi violazioni delle politiche interne”. In una dichiarazione, l’azienda ha affermato che gli accampamenti nella sede Microsoft avevano “creato significativi problemi di sicurezza”.

La svolta: Microsoft ammette

Il 25 settembre 2025, circa sei settimane dopo i licenziamenti di agosto, è arrivata la svolta. Brad Smith, Vice Chair e President di Microsoft, ha inviato un memo interno ai dipendenti con un annuncio senza precedenti.

Microsoft aveva “cessato e disabilitato un insieme di servizi a un’unità all’interno del Ministero della Difesa israeliano”.

Nel memo, pubblicato anche sul blog aziendale “Microsoft On the Issues”, Smith ha scritto: “Abbiamo trovato elementi che supportano le indagini giornalistiche. Questi elementi includono informazioni relative al consumo da parte del Ministero della Difesa israeliano di capacità di storage Azure nei Paesi Bassi e all’uso di servizi AI.”

La decisione è stata presa dopo una “revisione urgente” condotta dallo studio legale esterno Covington & Burling, basata sull’esame di documenti aziendali, estratti conto finanziari, contratti e corrispondenza interna.

Per la prima volta dall’inizio della guerra a Gaza nell’ottobre 2023, una grande azienda tecnologica americana ha revocato l’accesso dell’esercito israeliano ad alcuni dei suoi prodotti cloud. Come riportato da TechCrunch, Smith ha dichiarato nel blog post: “Non forniamo tecnologia per facilitare la sorveglianza di massa dei civili. Abbiamo applicato questo principio in ogni paese del mondo e lo abbiamo ribadito ripetutamente per più di due decenni.”

Ricapitoliamo la sequenza temporale:

  • Aprile 2025: Due dipendenti licenziate per proteste al 50° anniversario
  • 7 agosto 2025: Inchiesta Guardian/+972/Local Call documenta con prove l’uso improprio di Azure
  • 15 agosto 2025: Microsoft annuncia una revisione esterna
  • 29 agosto 2025: Altri quattro dipendenti licenziati per proteste
  • 25 settembre 2025: Microsoft conferma che “elementi supportano le indagini giornalistiche” e disabilita i servizi all’Unità 8200

In sostanza: dipendenti vengono puniti per aver denunciato un problema che l’azienda, poche settimane dopo, ammette essere reale.

Hossam Nasr, uno degli organizzatori di “No Azure for Apartheid” (licenziato nell’ottobre 2024 per una protesta non autorizzata), ha commentato dopo la decisione di settembre: “Questa è una vittoria senza precedenti, ma alla fine non abbastanza. Microsoft ha disabilitato solo un piccolo sottoinsieme di servizi per una sola unità nell’esercito israeliano. La stragrande maggioranza del contratto di Microsoft con l’esercito israeliano rimane intatta.”

Come riportato da Al Jazeera, diversi dipendenti hanno lasciato l’azienda in protesta, mentre altri sono stati arrestati durante le manifestazioni.

I numeri della partnership Microsoft-Israele

Documenti del Ministero della Difesa israeliano rivelano la portata della collaborazione:

  • Tra ottobre 2023 e giugno 2024, il Ministero ha speso 10 milioni di dollari per acquistare 19.000 ore di supporto ingegneristico da Microsoft
  • L’uso mensile di servizi AI di Azure da parte dell’esercito israeliano è aumentato di sette volte nell’ottobre 2023 rispetto al mese precedente
  • A marzo 2024, era 64 volte superiore rispetto a prima della guerra
  • Decine di unità militari israeliane,  forze aeree, terrestri, navali, oltre all’Unità 8200, si affidano ai servizi cloud di Microsoft
  • Microsoft ha fornito accesso estensivo al modello GPT-4 di OpenAI grazie alla partnership tra le aziende.

Un ufficiale dell’intelligence che ha servito nell’Unità 8200 ha raccontato a +972 e Local Call che gli ingegneri Microsoft lavoravano direttamente nelle unità militari israeliane su progetti “sensibili e altamente classificati”, inclusi sistemi di sorveglianza. I developer di Microsoft erano talmente integrati da essere considerati “persone che lavorano con l’unità”, come se fossero soldati.

Le domande che ogni rivenditore IT deve porsi

Questa vicenda solleva interrogativi fondamentali per chi lavora nel settore tecnologico, specialmente per chi rivende soluzioni cloud enterprise:

  1. Trasparenza contrattuale:Quando vendi Azure, Google Cloud o AWS ai tuoi clienti, conosci realmente come e dove vengono utilizzati quei servizi? I termini di servizio proteggono davvero da usi impropri?
  2. Responsabilità della catena di fornitura: Se un tuo cliente utilizza le soluzioni cloud che gli hai venduto per attività discutibili o illegali, qual è il tuo livello di responsabilità? Dove finisce il tuo ruolo di semplice rivenditore e dove inizia la complicità?
  3. Whistleblowing e cultura aziendale: Se fossi stato tu al posto degli ingegneri Microsoft, cosa avresti fatto? Se lavorassi per un’azienda che punisce chi segnala problemi etici, come ti sentiresti?

La risposta di Microsoft

Secondo fonti riportate dal Guardian, l’Unità 8200 ha rapidamente trasferito i dati di sorveglianza dai server Microsoft ad Amazon Web Services (AWS) nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione dell’inchiesta di agosto. Come riportato da CBS News, fonti dell’intelligence hanno confermato che Unit 8200 pianificava di trasferire circa 8TB di registrazioni su AWS. Il problema, quindi, non è stato risolto: si è semplicemente spostato.

Microsoft ha mantenuto attivi numerosi altri progetti con unità militari israeliane che sono clienti di lunga data. La decisione di settembre 2025 ha riguardato solo un sottoinsieme specifico di servizi per l’Unità 8200. Un funzionario israeliano anonimo ha dichiarato all’Associated Press che la decisione di Microsoft “non causerà alcun danno alle capacità operative” dell’esercito israeliano.

Il vero costo del cloud computing

Questa vicenda rivela una verità scomoda: le infrastrutture cloud non sono neutrali. Non sono semplici “tubi” attraverso cui passano dati. Sono strumenti potentissimi che amplificano le capacità di chi li utilizza – nel bene e nel male.

Tre lezioni per il settore IT

  1. I termini di servizio da soli non bastano.Microsoft aveva clausole chiare contro l’uso per sorveglianza di massa. Servono meccanismi di audit indipendenti, frequenti e trasparenti.
  2. La cultura aziendale conta più delle policy.Un’azienda che licenzia chi solleva problemi etici, per poi ammettere che quei problemi erano reali, ha un problema strutturale. Non di policy, ma di valori.
  3. La neutralità tecnologica è un mito.Ogni scelta di architettura, ogni partnership commerciale, ogni contratto firmato ha conseguenze etiche. Ignorarle non le fa sparire.

Gli sviluppi recenti

Appena mercoledì scorso (6 novembre 2025), Brad Smith ha inviato un nuovo memo interno ai dipendenti Microsoft annunciando la creazione di una sezione “Trusted Technology Review” nel portale aziendale Microsoft Integrity Portal, dove i dipendenti possono segnalare preoccupazioni etiche e di sicurezza relative all’uso improprio delle tecnologie Microsoft. Smith ha anche dichiarato che l’azienda rafforzerà “il processo di revisione pre-contrattuale esistente per valutare impegni che richiedono ulteriore diligenza sui diritti umani”. Il movimento “No Azure for Apartheid” ha risposto con scetticismo, continuando a chiedere la completa cessazione di tutti i contratti con l’esercito israeliano.

 

Fonti:

 

Nota editoriale: Tutte le cifre e le dichiarazioni riportate in questo articolo sono verificabili attraverso le fonti linkate. L’articolo si basa su inchieste giornalistiche indipendenti condotte da Guardian, +972 Magazine e Local Call, oltre a dichiarazioni ufficiali pubblicate da Microsoft.


Microsoft licenzia chi denuncia Azure a Gaza. Poi ammette: “Avevano ragione” - Ultima modifica: 2025-11-08T12:29:26+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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