La rivoluzione verde potrebbe partire dall’Italia che si è candidata a ospitare la 26a Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (COP26) nel 2020
La rivoluzione verde potrebbe partire dall’Italia che si è candidata a ospitare la 26a Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (COP26) nel 2020.
La mozione che impegna il governo in sede ONU è stata approvata con un larghissimo consenso, che ha visto convergere maggioranza e opposizione. L’Italia si è dunque candidata a ospitare COP26 nel 2020. Nello specifico la sede sarà Milano, per quella che si preannuncia come la Conferenza sul clima più importante di sempre.
La COP del 2020 viene infatti considerata cruciale per la piena operatività dell’accordo di Parigi del 2015 (COP15) verso la riduzione delle emissioni di CO2 e la decarbonizzazione, per contenere nei 2 gradi l’aumento medio della temperatura globale entro fine secolo rispetto all’era preindustriale.
E non è tutto. La Conferenza Cop26 dovrà anche verificare quali sono le misure da attuare per contenere l’innalzamento della temperatura a 1,5 gradi.
Scenari catastrofici se non si cambia
L’ultimo Rapporto IPCC, infatti, evidenzia un gran numero di impatti dei cambiamenti climatici che potrebbero essere evitati limitando il riscaldamento globale a 1,5°C anziché 2°C o più.
Per esempio, entro il 2100 l’innalzamento del livello del mare su scala mondiale sarebbe più basso di 10 centimetri, a fronte di un riscaldamento globale di 1,5°C rispetto a 2°C.
La probabilità che il Mar Glaciale Artico rimanga in estate senza ghiaccio marino sarebbe una ogni secolo, con un riscaldamento globale di 1,5°C, mentre sarebbe di almeno una ogni decennio con un riscaldamento globale di 2°C.
Le barriere coralline diminuirebbero del 70-90% con un riscaldamento globale di 1,5°C, mentre con 2°C andrebbero perse praticamente tutte (>99%).
Mentre Cina e Stati Uniti nel 2018 hanno aumentato le loro emissioni di gas serra, l’Europa è chiamata a essere protagonista di quella svolta verde che consenta di preservare la Terra per le generazioni future, come tanti giovani stanno chiedendo da tempo nelle piazze di tutto il mondo.
In molti avevano indicato nei tempi lunghi il punto debole dell’accordo di Parigi.
La COP26 sarà dunque l’occasione per dimostrare che i governi hanno imparato la lezione.
Occorrono impegni concreti e condivisi
Per rimettere gli impegni nazionali nella traiettoria decisa nel 2015 occorre adottare criteri di misurazione omogenei. La Cina ha sempre difeso l’Accordo di Parigi, ma non ha assunto impegni quantificati di riduzione delle proprie missioni globali di gas serra, ma solo di riduzione dell’intensità energetica e dell’intensità carbonica. Trump aveva dichiarato l’intenzione di lasciare l’Accordo di Parigi, ma la sua recente dichiarazione in cui ammette il fenomeno dei cambiamenti climatici ha sorpreso tutti.
Avendo scaricato la responsabilità su paesi “nemici” per molti si tratta di una scelta di politica estera e interna. Riconoscere il problema per individuarne i colpevoli: Cina, India e Russia in primo luogo. E, in vista delle elezioni del 2020, inserire il tema nell’agenda politica.
Sarà capace e vorrà fare dell’impegno per il clima una sfida centrale per il futuro, di innovazione e di competitività internazionale della propria green economy?
Questo è uno dei nodi da sciogliere in occasione della COP 2020.
L’Italia non solo la potrebbe ospitare, ma, in quel caso, ne gestirebbe la Presidenza, insieme al Cile, con il ruolo prevalente del Paese ospitante.
Il ministro dell’ambiente Costa vorrebbe che il pre-Cop, ovvero la conferenza di preparazione all’evento principale, fosse organizzato a Palermo, proprio per unire l’Italia da nord a sud riguardo un tema fondamentale come quello ambientale.
Una COP26 fondamentale
L’ultima Conferenza sull’ambiente, quella tenutasi in Polonia (COP24), si era chiusa tra luci e ombre. A Katowice si è reso evidente come in questi appuntamenti sia necessario saper maneggiare l’arte del compromesso, ma il compromesso non può essere sempre al ribasso.
In particolare, sono rimaste deluse le richieste dei paesi in via di sviluppo sul tema degli aiuti internazionali in caso di problemi causati dai cambiamenti climatici.
Il prossimo appuntamento sarà comunque la COP25 di novembre in Cile, che molti vedono però come una Conferenza di passaggio.
Sarà il 2020 l’anno del cambiamento per i cambiamenti climatici? L’occasione, in caso di assegnazione all’Italia, potrebbe essere storica. E non dovrebbe essere sprecata.
Non solo per l’ambiente. Su un numero di Digitalic dedicato alle donne occorre ricordare che appena un terzo dei negoziatori alle Conferenze sul clima è donna. Anche in questo caso si può fare di più. L’appello di Greta Thunberg, e di tante come lei, potrebbero essere l’occasione per un futuro più verde e anche più rosa. Sorelle d’Italia, non solo dal verde dei campi di calcio.
RISORSE
Selfie verdi e cittadini scienziati
Scattare una foto a un albero per dimostrare quanto carbonio riesce a immagazzinare. Con la nuova app Globe Observer della Nasa tutti possono raccogliere dati scientifici e aiutare la ricerca sull’ambiente.
Una comune app per smartphone, sia per Android che iPhone. Basta scattare una foto: gli osservatori registrano l’altezza dell’albero inclinando il telefono verso l’alto e verso il basso per allineare lo schermo con gli estremi del vegetale e l’app fa il resto per calcolarne l’altezza.
I dati, insieme a un tag Gps della posizione, vengono inviati alla Nasa e raccolti in un database.
Ma non finisce qui, perché l’altezza degli alberi è un dato che potrà servire anche alle missioni spaziali. “ICESat-2 misurerà l’altezza delle foreste in tutto il mondo e l’app Globe Observer è un altro modo per raccogliere ancora più dati” spiega a questo proposito Tom Neumann, scienziato del progetto.
Diritto e cobalto
Non si sta ancora facendo abbastanza per fermare le violazioni dei diritti umani nelle catene di fornitura di cobalto usato per l’elettronica e i veicoli elettrici. Il nuovo rapporto Time to Recharge di Amnesty International ha fatto il punto su alcuni giganti del settore tra cui Apple, Samsung Electronics, Dell, Microsoft, BMW, Renault e Tesla per capire se e quanto abbiano migliorato le loro pratiche di approvvigionamento di cobalto da gennaio 2016.
Più della metà del cobalto del mondo, componente chiave delle batterie agli ioni di litio, proviene dalla Repubblica Democratica del Congo e il 20% è estratto a mano. Amnesty International ha documentato che bambini e adulti lo estraggono in gallerie strette create dall’uomo, rischiando la vita ma anche gravi malattie polmonari.
Dall’analisi è emerso che solo alcune di esse hanno fatto dei passi avanti. Nessuna delle società menzionate nella relazione sta intraprendendo azioni adeguate per conformarsi agli standard internazionali. Ciò nonostante, tutte sanno che i rischi e gli abusi dei diritti umani sono intrinsecamente legati all’estrazione del cobalto.
All’inizio di quest’anno, Apple è diventata la prima azienda a pubblicare i nomi dei suoi fornitori di cobalto e ha lavorato per identificare e affrontare il lavoro minorile nella sua catena di approvvigionamento.
Dell e HP hanno mostrato segni di potenziale miglioramento. Ma altri importanti marchi di elettronica non hanno fatto progressi importanti. E moltissimo resta ancora da fare.